Riaperta al culto la chiesa “leonina” San Giovanni Battista di Pila con una moltitudine di fedeli nel giorno del decimo anniversario del terremoto di L’Aquila. Il cardinale Bassetti: «La Chiesa è il popolo santo di Dio redenta e lavata dal sangue di Cristo. E’ questo il nostro vanto di cristiani, è questo il fondamento della nostra fede»

E’ stata una festa di popolo, con una moltitudine di fedeli, la riapertura al culto della chiesa parrocchiale San Giovanni Battista in Pila di Perugia chiusa a seguito del sisma del 30 ottobre 2016, tenutasi nel pomeriggio del 6 aprile, nel giorno del decimo anniversario del terremoto di L’Aquila, alla presenza del cardinale Gualtiero Bassetti e del sindaco Andrea Romizi. Anche la Chiesa perugina si è unita nella preghiera a quella aquilana ricordando le trecento e più vittime del devastante sisma che ha segnato la vita di migliaia di persone, ma non la speranza soprattutto nella ricostruzione del tessuto sociale e nella rifondazione della propria identità spirituale. E’ quanto è avvenuto, nel suo “piccolo”, per la comunità parrocchiale di Pila riappropriandosi della sua chiesa ritornata all’originale splendore dopo due anni e mezzo di lavori di consolidamento strutturale e restauro dell’abside, di parte del transetto e dell’intero pavimento, seriamente compromessi dalle scosse sismiche. Opere realizzate grazie al contributo Cei post-terremoto 2016 (elargito con l’obiettivo di permettere ai fedeli di ritornare in chiesa nel più breve tempo possibile) e a tanti privati benefattori, per una spesa complessiva di 250 mila euro di cui 100 mila concessi dalla Cei e i restanti 150 mila frutto della generosità di numerosi fedeli.

Al termine della celebrazione eucaristica presieduta dal cardinale Bassetti insieme al parroco don Francesco Buono e a diversi sacerdoti e diaconi, i ragazzi che riceveranno il sacramento della Cresima hanno messo in scena, sul piazzale della chiesa, «un mimo che vuole essere – ha spiegato uno di loro – una preghiera che innalziamo al Signore per tanti nostri amici vittime delle dipendenze e spesso della nostra superficialità ed impotenza», facendo proprio anche l’insegnamento del venerabile quindicenne Carlo Acutis, del quale nei giorni scorsi ad Assisi è avvenuta la traslazione del corpo.

La chiesa di Pila, una delle cinquanta edificate durante il lungo episcopato perugino (1846-1878) di Gioacchino Pecci, poi papa Leone XIII, come ha ricordato nell’omelia il cardinale Bassetti, è stata edificata alla fine del XIX secolo inglobando i resti di una più antica. Una parte dell’attuale transetto risale al XVI secolo, come anche lo splendido e prezioso crocifisso di legno di fico che sovrasta l’altare, ricollocato al suo posto pochi giorni prima della riapertura del luogo di culto.

Il riposizionamento del crocifisso, come ha sottolineato il parroco don Francesco, ha segnato l’inizio di «un cammino in cui renderci conto che se volevamo guarire le crepe di questa chiesa con l’aiuto del Signore, dovevamo chiedergli anche di guarire le crepe che ci sono nei nostri cuori. Il terremoto non ha compromesso solo da stabilità della nostra chiesa, ha destabilizzato tutti noi perché questo luogo e il suo crocifisso sono da sempre il punto di riferimento della vita dei credenti e dei non credenti. Questi due anni e mezzo sono stati una grande prova che ha scatenato il meglio della nostra comunità». Sono seguiti i ringraziamenti del parroco a quanti si sono adoperati per l’apertura della chiesa, in particolare a coloro che sono venuti a mancare. «Il primo grazie – ha detto don Francesco – va a tutta la comunità che si è stretta non in un calando, ma in un crescendo in una proiezione e dedizione di amore».

Il cardinale Bassetti, notando la presenza anche di numerosi sacerdoti, ha esordito nell’omelia dicendo: «In questa bella giornata, di memoria, di ringraziamento al Signore per tutta la comunità, come non ringraziare con animo commosso i miei preti. Dai nostri sacerdoti si esige molto e spesso, invece di essere loro grati, si punta il dito sui loro difetti. E’ più facile puntare il dito che non fare la correzione fraterna, come richiederebbe il Vangelo che abbiamo appena ascoltato (“Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei”, n.d.r.). Noi abbiamo dei doni di Dio che sono stupendi e il sacerdote è uno di questi doni. Succede un po’ come quando in una famiglia viene meno il padre o la madre; solo in quel momento ci si accorge che cosa significa la loro presenza. Per questo vi chiedo di stare vicini ai vostri sacerdoti e consolateli quando anche loro, come voi, versano qualche lacrima».

«Sono oggi tra voi – ha proseguito il cardinale – soprattutto per dire grazie al Signore per questa chiesa. Entrando sono rimasto incantato, perché l’ho trovata più luminosa, più bella e i colori delle pareti danno risalto a questa architettura che è stupenda, voluta dal cardinale Gioacchino Pecci. Sento il bisogno di ringraziare il Signore perché nel secolo XIX ci ha dato per più di trent’anni questo grande vescovo, poi eletto Papa con il nome di Leone XIII. E’ stato un grande pontefice per la riforma spirituale della Chiesa, ma è stato anche il primo ad affrontare la questione sociale, i problemi delle famiglie, degli uomini e delle donne di allora alle prese con i problemi del lavoro e della povertà. E’ stato lui che ha fatto costruire “Fontenuovo” (oggi nota struttura di assistenza socio-sanitaria per anziani, n.d.r.), perché nessuno morisse di freddo durante l’inverno per le strade di Perugia. E’ stato lui, anticipando i tempi, che ha fatto costruire per le donne una filanda perché anch’esse potessero lavorare. Ha promosso la dignità dell’uomo e la dignità della donna attraverso il lavoro e poi da Papa ha composto quel monumento che è l’enciclica Rerum novarum e che papa Francesco, scrivendo la Laudato sì, ha fatto qualcosa di simile: l’annuncio del Vangelo attraverso i problemi sociali, della vita dell’uomo, della custodia dell’universo. Non siamo qui per sperperare i beni della terra, perché Dio, quando ha creato il mondo e l’universo, li ha affidati alla nostra custodia, che vuol dire amore, tenerezza verso le persone e verso la Madre natura».

Il cardinale Bassetti, avviandosi alla conclusione, ha esortato i numerosi fedeli a custodire anche questo luogo di culto, simbolo della propria fede.  «Questa chiesa è bella – ha detto –, ma la Chiesa più bella siamo noi, cari fratelli e sorelle, siamo quelle pietre vive, dice san Pietro, che fondate sull’unica pietra angolare, che è Gesù Cristo, formiamo un unico tempio, un popolo santo di Dio, il vero regno di Cristo su questa terra. E’ lo Spirito Santo che ci fa Chiesa, è il Signore che dall’alto della Croce, donandoci il suo Spirito, ha fatto di noi, che eravamo dispersi e disgregati, un unico popolo santo di Dio. La Chiesa non è solo popolo di Dio, perché se fosse tale sarebbe solo un concetto sociologico. La Chiesa è il popolo santo di Dio redenta e lavata dal sangue di Cristo. E’ questo il nostro vanto di cristiani, è questo il fondamento della nostra fede».