«Gli invisibili…, una parte viva e importantissima del Paese. E’ l’Italia della disabilità mentale e fisica», al centro della riflessione del cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, sulle colonne de Il Settimanale de «L’Osservatore Romano»

«C’è un’Italia invisibile agli occhi dei grandi media che rappresenta, invece, una parte viva e importantissima del paese. È l’Italia della disabilità mentale e fisica. Secondo i dati dell’Istat sono più di tre milioni di persone, la stragrande maggioranza di essi (circa due milioni e mezzo) anziani, per lo più donne. Accanto a essi, anche molti giovani (156.000 gli alunni nelle scuole)». Lo evidenzia il cardinale arcivescovo di Perugia-Città della Pieve Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, nel suo ultimo articolo pubblicato nella rubrica “Dialoghi” de Il Settimanale in edicola con «L’Osservatore Romano» di venerdì 13 ottobre, già consultabile sul sito: www.osservatoreromano.va .

 

Un mondo ricco di umanità, con storie personali dolorose e bellissime.

Per il cardinale Bassetti i dati Istat sono «numeri importanti che delineano un mondo vasto, di famiglie, assistenti, istituti statali, strutture private. Un mondo ricco di umanità, con storie personali dolorose e bellissime. Come quella della schermitrice Bebe Vio, il cui sorriso vale più di ogni vittoria; o di Najib Alhaj Ali, rimasto semiparalizzato da un bombardamento in Siria ma che vuole diventare, anche lui, un atleta paralimpico; o ancora di Francesco, ragazzo autistico che fa il bibliotecario a Gioia del Colle».

 

Dalla casa famiglia “Il Samaritano” di Pescara all’“Istituto Serafico di Assisi… prendendosi cura degli ultimi…

«Accanto a questi volti più o meno noti – aggiunge il porporato – si cela, però, un mondo di invisibili di cui non si sente parlare. Bisogna andare nelle loro case, nelle loro famiglie, per accarezzarli e vederli. E quando li si vede, si scorge immediatamente nei loro sguardi e in quelli che li curano una scintilla d’amore. È quanto ho visto a Pescara nella casa famiglia Il Samaritano, alla fondazione Paolo vi e nella Cittadella dell’Accoglienza Giovanni Paolo ii. Si potrebbe fare un elenco lunghissimo di strutture di questo tipo in Italia, come l’Istituto Serafico di Assisi, dove si coniugano carità e responsabilità, solidarietà e difesa della vita. È un’Italia che non ha bisogno di essere elogiata o commiserata, ma che è necessario conoscere per la difesa della dignità umana in ogni momento dell’esistenza. Difesa che è il filo comune, in una trama ovviamente più vasta, tra la visita del Papa a Cesena e Bologna e il suo discorso alla Pontificia accademia per la vita. Tra l’appello alla buona politica in Romagna e l’invito alla ricerca del bene comune sui temi bioetici c’è, infatti, un’unica sintesi: andare verso l’uomo, prendendosi cura degli ultimi, dei poveri e dei piccoli. Si tratta di una prospettiva totalmente controcorrente».

 

Il silenzio mediatico che ha colpito la giornata nazionale delle persone con sindrome down.

Il presidente della Cei, nel proseguire la sua riflessione, fa un esempio, quello del «silenzio mediatico che ha colpito la giornata nazionale delle persone con sindrome di Down che si è svolta l’8 ottobre in molte piazze d’Italia. Anche in questo caso – scrive Bassetti –, uomini e donne invisibili che rappresentano, drammaticamente, una delle piaghe più inique e taciute della cultura dello scarto. Una piaga che in alcuni paesi scandinavi si traduce perfino nella politica Down free. Politica antiumana perché le malattie si curano e le persone non si scartano come merce difettosa».

 

Una nuova cultura della vita… Per investire di più sulla scuola e sulle questioni aperte dalla disabilità.

«Tutto ciò esorta alla definizione di una nuova cultura della vita – sostiene il cardinale avviandosi alla conclusione –, che è anche una nuova cultura della disabilità. Nuova per due motivi. Innanzitutto perché, nonostante negli ultimi decenni si siano sviluppate forme di protezione e sostegno alla disabilità come mai era avvenuto, si è anche affermata una cultura dello scarto che marginalizza ogni tipo di imperfezione e che va combattuta con coraggio in nome della persona umana. In secondo luogo, perché occorre investire di più sulle questioni aperte dalla disabilità, a partire dalla scuola. Si fa molto nelle scuole italiane per l’integrazione. Ma si potrebbe fare di più sulla formazione degli insegnanti di sostegno, in numero insufficiente nelle scuole. Ed esiste un problema di qualità del corpo docente, preparato con competenze specifiche e inserito in un contesto scolastico dove la cultura della vita sia parte integrante del tessuto sociale. Ma soprattutto è necessario un mutamento nella percezione pubblica, perché i disabili cessino di essere invisibili e siano riconosciuti come persone speciali in cui si può scorgere nitidamente il volto di Dio».