Dal VI Rapporto sulle povertà in Umbria: “Povertà e democrazia”. La riflessione dell’economista Pierluigi Grasselli, direttore dell’Osservatorio diocesano perugino sulle povertà e l’inclusione sociale

A margine di quanto emerge dal VI Rapporto sulle povertà in Umbria curato dall’Aur (l’Agenzia di ricerca della Regione Umbria), in collaborazione con l’Osservatorio sulle povertà costituito nel 1995 con un protocollo d’intesa tra la Regione Umbria e la Conferenza episcopale umbra (Ceu), il prof. Pierluigi Grasselli, docente emerito di Politica economica all’Università degli Studi di Perugia ed attuale direttore dell’Osservatorio diocesano di Perugia-Città della Pieve sulle povertà e l’inclusione sociale, offre una sua riflessione dal titolo: “Povertà e democrazia” (il testo integrale è consultabile sul sito: www.umbriaoggi.news di Umbria Radio In Blu), oltre ad essere tra i curatori della ricerca con il suo contributo Politiche per il contrasto alle povertà.

L’economista perugino, alla luce dei risultati di questo Rapporto, presentato nel capoluogo umbro il 15 luglio scorso e che tra le prefazioni raccoglie quelle del cardinale arcivescovo di Perugia-Città della Pieve Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, e dell’arcivescovo di Spoleto-Norcia Renato Boccardo, presidente della Ceu, si sofferma «sulla misura principale che attualmente si prefigge di contrastare direttamente la povertà: il Reddito di cittadinanza (RdC).  Secondo la normativa vigente, i richiedenti tale misura, caduti in povertà per mancanza di occupazione – ricorda Grasselli –, sono inviati ai Centri per l’impiego (Cpi), per la formazione e l’avviamento al lavoro, sulla base di uno specifico “Patto per il lavoro”.  I poveri che invece manifestano un bisogno complesso e multidimensionale, vengono presi in carico dai servizi sociali dei Comuni e per loro si stipula un “Patto per l’inclusione sociale”».

«A partire dal secondo semestre 2018, nell’àmbito del RdC (inizialmente solo centrato sugli aspetti lavorativi) sembra ora assegnato un ruolo paritario ai percorsi di inclusione lavorativa e a quelli di inclusione sociale – evidenzia il direttore dell’Osservatorio diocesano –, risultandone così attribuita una funzione di rilievo ai Comuni (quale già caratterizzava l’applicazione del ReI). Tutto questo porta alla ribalta il delicato e complesso problema dei meccanismi di coordinamento tra i soggetti della rete territoriale, e in particolare tra i servizi sociali e i centri per l’impiego. L’esigenza è quella di cogliere in ogni utente tutta l’eventuale complessità dei bisogni, ed evitare l’assegnazione di percorsi inappropriati».

Grasselli si sofferma anche sull’«importanza del ruolo che può essere svolto dalla Regione, e che è in parte descritto nel Piano regionale umbro contro la povertà, approvato nell’estate 2018. La Regione s’impegna nel Piano a perseguire alcuni obiettivi strategici, quali il rafforzamento del Servizio Sociale Professionale nelle Zone Sociali, la promozione del lavoro di rete e dei progetti personalizzati per i nuclei con bisogni complessi, gli interventi a favore dei soggetti senza fissa dimora, l’attuazione del Sistema informativo sociale. La Regione illustra inoltre nel Piano un ampio ventaglio di interventi, finanziati con risorse del Fondo Sociale Europeo, a sostegno della mediazione familiare, dei minori, dei disabili, dei non autosufficienti, dei migranti, grazie ai quali è possibile fronteggiare i molteplici aspetti della povertà. Il Piano prevede per il periodo 2014-2020 un impegno per parecchie decine di milioni di euro!»

Secondo Grasselli «lo svolgimento di questa complessa e multiforme attività richiede una programmazione efficace, un coordinamento effettivo tra le varie parti in causa, un loro coinvolgimento sostanziale. Tutti i livelli di governo, dallo Stato alle Regioni ai Comuni, sono chiamati in causa, insieme al Terzo Settore ed alla Società civile. E ciò richiede un intenso lavoro di adattamento delle Istituzioni, di programmazione e gestione delle molteplici attività, nonché di monitoraggio e valutazione dei risultati. Un’analisi accurata degli interventi compiuti e dei loro effetti, realizzata con il concorso determinante dell’INPS, gestore delle principali misure contro la povertà, consentirebbe di comprendere quali sono le caratteristiche di questa, e di orientare al meglio le strategie di contrasto della stessa. Ma ancora non mi risulta che disponiamo, a livello locale, neppure di una valutazione accurata del SIA (Sostegno all’Inclusione Attiva), introdotto nel 2016 a beneficio di alcune tipologie di famiglie in condizione di particolare bisogno».

«L’attenzione al problema della povertà – sostiene l’economista – deve essere accompagnata da una riflessione critica e da proposte di riforma su tutte le altre dimensioni del nostro sistema assistenziale. Occorre infatti una revisione di tutte le misure esistenti, con una loro ricomposizione organica, superando frammentazione e corporativismo, riducendo sprechi e dispersioni, tenendo conto dei collegamenti che esistono tra esse, e così migliorandone coerenza, adeguatezza e appropriatezza reciproche».

«L’impegno per l’inclusione, e quindi per un welfare sussidiario, comunitario, generativo – conclude Grasselli –, è un impegno per la democrazia. Per essere efficace esso da un lato suppone un vivo ed operante sistema democratico, e dall’altro concorre a rafforzarlo. In questo Paese molti cittadini desiderano una rivoluzione e votano per attuarla. Ma non si può solo delegarne l’attuazione ad altri. Tutti quelli che vogliono cambiare profondamente le cose devono impegnarsi in prima persona».