Il cardinale Bassetti ha concluso le celebrazioni pasquali nella concattedrale di Città della Pieve. Il presule: «La morte non può più avere l’ultima parola e questa è la notizia sconvolgente della Pasqua»

Le celebrazioni del Triduo pasquale presiedute dal cardinale Gualtiero Bassetti si sono concluse nella concattedrale dei Ss. Gervasio e Protasio di Città della Pieve, scrigno prezioso d’arte, cultura e storia, nella terra natale del divin pittore, Pietro Vannucci, detto il Perugino, del quale tra due anni, nel 2023, ricorrerà il V centenario della morte. Per l’importante evento è stata istituita recentemente una Commissione diocesana per l’organizzazione delle iniziative culturali ecclesiali presieduta dal vescovo ausiliare monsignor Marco Salvi.

Un forte legame. Il cardinale Bassetti, che sin dall’inizio del suo episcopato umbro ha intessuto un forte legame anche affettivo con la comunità pievese, è giunto a Città della Pieve nel pomeriggio di Pasqua, 4 aprile, celebrando la messa vespertina nella concattedrale insieme al parroco e arciprete don Simone Sorbaioli e ai canonici don Aldo Gattobigio e mons. Augusto Panzanelli.

Una presenza discreta. In queste festività pasquali, nella terra del divin pittore, soggiorna con la sua famiglia il presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi, che ha preso parte alla messa vespertina, come fa spesso quando è alla Pieve. Una presenza discreta, quella di Draghi nella concattedrale dei Ss. Gervasio e Protasio della quale il cardinale Bassetti non era informato. Infatti, all’inizio dell’omelia, ha detto: «Voglio anche mandare un indirizzo di saluto e soprattutto assicurare le nostre preghiere al presidente del Consiglio che è da tempo nostro concittadino. In questo momento, per tutti coloro che hanno una grande responsabilità, e ne sa qualcosa anche il sottoscritto, c’è veramente bisogno di tante preghiere».

La presenza del Pastore. Prima ancora il cardinale aveva rivolto il suo ringraziamento ai sacerdoti concelebranti e al sindaco Fausto Risini, «che ci sentiamo sempre sostenuti e confortati dalla sua presenza». Rivolgendosi ai pievesi presenti nel rispetto delle norme sanitarie per prevenire la pandemia, il presule ha detto: «prego per tutti voi, per le vostre famiglie, soprattutto se ci sono delle persone ammalate e per quanti hanno perso i loro cari. La presenza del vescovo vuole essere la presenza del Pastore che tiene unito tutto il suo gregge, rivolgendo la sua attenzione e la sua preghiera verso tutti».

Pregare Dio. A conclusione della celebrazione, nel rinnovare il suo augurio pasquale alla comunità pievese, il cardinale ha esortato tutti a pregare Dio affinché «abbia misericordia per tanta parte della nostra umanità dove la gente muore senza medicine, senza ossigeno, senza ospedali, nelle capanne, per la strada. E’ una umanità che invoca la misericordia di Dio, ma c’è anche tanto bisogno della nostra preghiera che vi chiedo di rivolgere incessantemente al Signore e vedrete che Lui ci ascolta».

Tradizione e civiltà. Bassetti, nell’omelia, ha ribadito che «il primo compito del vescovo nella Chiesa è quello di testimoniare che il Signore è risorto. E se il Signore è risorto – ha precisato – è ritornata la vita, è ritornata la speranza. Per noi cristiani la Pasqua è il cuore del mondo, perché è il centro della nostra fede. E’ la festa che celebra la nascita di un mondo nuovo, ed è il giorno di un uomo, che era morto ed è risuscitato, ora è vivo e trionfa. Noi siamo qui per prendere coscienza di questo fatto, che è la nostra tradizione cristiana ed anche la nostra civiltà. Proprio perché conosciamo tutto questo finiamo per darlo per scontato. Tutto si dà per scontato, anche le cose più significative della nostra vita».

La morte è vinta. «Cristo è veramente risorto e quindi il mondo intero e la nostra vita hanno un altro senso. Questo non significa non rendersi conto dei drammi che attanagliano l’umanità – cominciando dalla pandemia, una tragedia a livello mondiale -, pensando alle guerre, alle divisioni fra gli uomini e a tutti i problemi che ben conosciamo e che sono anche nella nostra società. Ieri sera, durante la Veglia pasquale nella cattedrale di Perugia, ho sottolineato alcune di queste problematiche che ci riguardano più da vicino. Con la resurrezione di Cristo, la morte è vinta, è svotata del suo veleno, della sua maledizione. La morte non può più avere l’ultima parola e questa, fratelli e sorelle, è la notizia sconvolgente della Pasqua».

La parola Pasqua. «Accogliere questa notizia è estremamente impegnativo, perché essa deve cambiare totalmente il nostro modo di vivere. Non a caso la parola Pasqua significa passaggio dalle tenebre alla luce, passaggio dalla morte alla vita, passaggio dall’odio all’amore, passaggio da quella ruggine che sta dentro di noi – spesso nei confronti delle persone – al perdono, passaggio dal peccato alla vita di grazia, passaggio – come dice san Paolo – dall’uomo vecchio all’uomo nuovo. Oggi Cristo ci offre questa possibilità e l’unica raccomandazione che ci fa è quella di non tornare indietro, di tagliare i ponti con il vecchio, con l’odio, con le divisioni, con tanti rancori, con tutto quello che non ci fa onore nella vita, come uomini e come cristiani, che va buttato dietro le spalle per vivere come creature nuove. San Paolo ci dice: “togliete via il lievito vecchio per essere la pasta nuova”».